Il Caluso Passito nasce da un’antica tradizione del territorio: dopo la vendemmia, tutte le famiglie calusiesi mettevano ad appassire nei sottotetti i grappoli di Erbaluce più maturi e rostiti, per ricavarne un vino dolce caratteristico.
Con un processo simile, ancora oggi si selezionano i migliori grappoli ambrati e si lasciano appassire su stuoie per circa cinque mesi. Passato questo tempo necessario per concentrare i succhi, i grappoli vengono disacinati; segue poi la pigiatura e la lenta vinificazione.

Dopo aver riposato per non meno di quattro anni, il Caluso Passito possiede le caratteristiche che lo rendono unico e pronto per essere messo in bottiglia, ideale per coronare momenti importanti.

  • Origine: Piemonte
  • Tipo vino: Vino Caluso Passito DOCG
  • Terreno: Sabbioso, di origine morenica a costituzione principalmente silicea
  • Caratteristiche: vino dolce passito prodotto da uve selezionate ed accuratamente appassite, si presenta di colore giallo ambrato intenso, con riflessi oro e rame, con
  • profumo ricco ed intenso, un bouquet complesso di miele, frutta secca e candita e di  sapore raffinato ed elegante con sentori di frutta appassita e caramellata, dolce ma non stucchevole con una nota amara caratteristica.
  • Temperatura di servizio: 15-18°
  • Accostamento gastronomico: il Caluso Passito nasce come vino da meditazione; può inoltre trovare perfetto abbinamento con pasticceria fresca e secca, soprattutto con le tipicità canavesane (paste ‘d meglia, canaestrej, brut et boun) cioccolata amara e formaggi stagionati ed erborinati.

La ricetta per il piatto in abbinamento:

Zabajone alla canavesana (Sambajoun)

Fonte della ricetta: tradizione popolare (tramandata da nonne e mamme di famiglia)

Ingredienti (dosi per 4 persone):

  • 8 tuorli d’uovo
  • 120 g di zucchero
  • 120 ml di Caluso Passito
  • un pizzico di sale
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Preparazione: prendete le 8 uova e separate i tuorli dagli albumi (questi ultimi non vi serviranno). Mettete lo zucchero e i tuorli in una pentola di acciaio o di rame con il manico (il polsonetto è l’ideale) e dal fondo spesso, adatta per il bagnomaria, e sbattete con una frusta  finché si genera una bella crema spumosa ed omogenea. Continuando a sbattere, unite a poco a poco il Caluso Passito, e quando tutti gli ingredienti saranno ben amalgamati, immergete la pentola in un’altra per il bagnomaria, contenente sufficiente acqua calda: il fuoco deve essere basso e l’acqua non deve mai bollire. Mescolate con la frusta per circa 10-15 minuti, finché non vedrete la crema gonfiarsi, addensarsi e diventare una perfetta emulsione.

A cottura ultimata togliete lo zabajone dal fuoco e servitelo ancora caldo in coppette di vetro, per mangiarlo così o intingervi biscotti e pasticceria secca piemontese, oppure in piatti da dessert versato direttamente su fette di torta, pandoro o panettone. Dopo averla fatto raffreddare, lo zabaione alla canavesana può essere usato per la per farcitura di Pan di Spagna, in golose torte alla crema, pasta choux, nella preparazione di bignè, o anche per riempire cannoli di sfoglia.

Questa crema tradizionale può essere gustata anche fredda: dopo averla lasciata raffreddare in una ciotola, girandola di tanto in tanto per evitare grumi o separazione delle componenti, la si lascia riposare mettendola in frigo per almeno un’ora, ed infine la si può servire come dolce al cucchiaio o crema di accompagnamento a vari dolci da forno, gelato o frutta estiva.

Curiosita’

L’origine del nome zabajone è alquanto incerto: vi sono numerosi aneddoti.

Secondo alcuni lo zabajone prese il nome dal Capitano Giovanni Baglioni, che nel 1500, si accampò nei pressi di Reggio Emilia e mandò i suoi soldati in cerca di cibo: questi tornarono con quello che trovarono nei campi e nei vicini terreni, cioè uova, vino e zucchero. Ne fecero un miscuglio che poi gustarono come rancio e ne rimasero talmente entusiasti che la ricetta presto si diffuse. In onore al capitano Giovanni Baglioni, chiamato popolarmente ‘Zvàn Bajòun’, la crema prese il nome di zabaione.

Un’altra versione invece ci racconta che lo zabaione prese il nome del monaco Giovanni de Baylon (che diventò il patrono dei pasticceri torinesi); egli lo inventò a Torino nel XVI secolo e consigliava il preparato come ricostituente e corroborante per ammalati e deboli. Quando il monaco divenne santo, il dolce diventò la crema di San Baylon, (Sambajon o Sambajoun nel dialetto piemontese) e in seguito italianizzato in zabaione.

Infine, un’altra versione vuole che questa crema sia veneta, per la precisione di Venezia, dove nel XVII secolo era uso preparare una vellutata bevanda secondo una ricetta proveniente dall’Illira (Dalmazia); era chiamata “zabaja” e veniva aromatizzata con del vino dolce di Cipro.

Molto probabilmente, aneddoti e leggende a parte, si pensa che la ricetta della crema di zabajone sia molto più antica di quello che sembra: infatti la facile reperibilità di questi ingredienti fa supporre che fosse preparata ovunque si trovassero uova, aromatizzanti e dolcificanti.

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